In quell'esatto momento Andrea uscì dai perimetri della mia vita e non so con quale coraggio mi fece il suo "in bocca al lupo" per il locale. Mi rendevo sempre più conto di quanto fosse imbecille. Mai una volta gli era passato per la testa non dico di chiedermi scusa , ma quantomeno di giustificare o spiegare anche successivamente la sua uscita di scena dal Red Deer, dopo tutti i suoi propositi eccellenti, i discorsi e i sogni di Londra, l'entusiasmo infiammato. E da un giorno all'altro, era stato come se il club non l'avesse mai riguardato. Per un attimo volli vederlo complice, quando si rammaricava che non avevamo ancora trovato niente in cui tuffarci, neanche un pezzetto di nuvola a cui aggrapparci per raggiungere il futuro, ancora inesistente. Anche se era sincero, stavolta non aveva fatto in tempo, era arrivato tardi e non c'era più posto per lui. Solo io l'avevo riscaldato di certezze, e non me ne facevo più niente delle sue bugie. Lo vedevo sconosciuto all'improvviso. Lo vedevo per la prima volta. Cosa voleva questo estraneo nella mia cucina, a tavola con me, mi chiedevo. E mi dava fastidio anche il rumore del suo bicchiere ora vuoto, con dentro il cucchiaino sporco e biancastro. Ad Andrea il latte piaceva zuccherato. Ma il passato era finito e si capovolgeva nel mio bicchiere mentre lui, nonostante il mio rifiuto, mi versava ancora latte; si capovolgeva nei cerchi alla base, nel liquido bianco che piano piano saliva, fino al bordo. Ma non toccai quel bicchiere. Stavolta no. Quando Andrea se ne andò, gettai la nostra storia nel cesso, come carta igienica. Era finita. Quella volta lo dissi io. (dal libro "Latte acido" di Rossella Longo)
1.2. Opere di Diego Tolomelli.
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