mercoledì 6 maggio 2015

L'impeto del desiderio...

Gli passai le mani tra i capelli, gli presi le mani e le dita, poi avvicinai la bocca alle sopracciglia, alle palpebre, lasciando un'impronta di saliva. Scesi sulle guance ruvide, poi il mento, il pomo d'Adamo rigido e orgoglioso. Il collo, il petto seminudo. Giocai con la peluria, irta, nera. Le mie mani entrarono nella sua camicia, la sbottonai, gli accarezzai i pettorali. Appoggiai la testa sul suo ventre, con le dita sentii il rigido degli addominali. Lo esplorai e lo baciai aggressivo, cercando ristoro di sensi smaniosi. Andai più giù, la pelle aveva il segno dei jeans, stretti sulla vita. Quando avvertii il suo sesso inturgidirsi provai un piacere acuto e struggente, mi sembrò di placare un istinto primordiale. Lo superai passandoci sopra le mani, infilandole nell'interstizio semichiuso della lampo metallica, gli sbottonai i jeans. Continuai a farmi tenero tra le sue braccia, tra le sue gambe, scovando strati di pelle con la lingua; mi rotolai da destra a sinistra cercando un appiglio, qualcosa da possedere. Appoggiai le labbra sul suo pene eretto e lo accolsi dentro di me. Fu finalmente mio. Mi piaceva il suo sapore fra le lenzuola stropicciate di bianco. Gli occhi seguirono la curiosità delle dita, le mani strinsero il vigore del corpo, la bocca assaporò l'impeto del desiderio. Andrea ricambiò i miei gesti come in uno specchio fatato, sembrava un angelo venuto da un regno incantato. Un principe indiano. O forse no. Un dio.
E come un dio alzò la mia testa, se la portò sulla spalla massiccia. Mosse il bacino, mi girò prima staccandosi e poi riavvicinandosi piano. Spinse, prima delicato poi irruente. E poi altre volte. Quando esausto si fermò, i miei glutei vibravano lenti. Posò la testa sulla mia schiena, sulla curva della spina dorsale. Sentii i capelli scendere, sorrisi, provai a cercare dietro di me qualcosa da toccare: il naso, le orecchie, un labbro. Provai a rigirarmi ma il peso del suo corpo non mi permise di farlo. Si alzò appena qualche centimetro in aria, teso sulle braccia. Ricominciò piano senza dire una sola parola. Ci possedemmo profondamente, a lungo. Poi ci distendemmo supini, uno accanto all'altro, immobili. Inanimati. (tratto dalo libro "Latte acido" di Rossella Longo)

1. Opera di Volodia Popov; 2. Opera di Viktor Sheleg (Black and Red).

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