Quella notte alle quattro mi svegliai strangolato dalla paura, mi buttai fuori dal letto col sudore che si gelava addosso e corsi sul pianerottolo. Improvvisamente avevo sentito nella stanza la presenza di un estraneo, di un altro. La paura mi soffocava, ma rientrai dentro e accesi tutte le luci. Col cuore che mi saliva in gola, frugai sotto il letto, spalancai l'armadio e buttai per aria tutti i cassetti. Dov'era? Chi era? Cercai con tutte le mie forze di non perdere completamente il controllo, e aprii la finestra.
Non c'era nessuno, solo l'acqua delle fontane che cadeva nelle vasche e il rumore di passi dei guardiani sulla ghiaia. E a un tratto pensai che ero io quello che avevo sentito nel letto come un estraneo. Per tranquillizzarmi provai a ricordare qualche versetto della "Bhagavadgita", ma mi venivano sulla bocca solo parole insensate. Tremavo, e ebbi l'impressione di scorgere una faccia che rideva con gli occhi coperti da qualcosa che sembrava una maschera proprio dietro la mia spalla sinistra. Mi voltai di scatto per vedere meglio, ma non c'era più nessuno. Girai ancora per la stanza sudato e nervoso, finchè i piedi scalzi non cominciarono a farmi male, e verso le cinque caddi in un leggero assopimento.
Chi era? Non lo sapevo, e l'unica cosa che volevo era che si facesse presto giorno. (tratto dal libro "Di questa vita menzognera" di Giuseppe Montesano)
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